La nutrizione nella sclerosi laterale amiotrofica

Le malattie neurologiche si presentano con una certa frequenza nel panorama delle malattie per i quali è necessario il ricovero: sono circa il 15 per cento sul totale dei ricoveri ospedalieri.

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ART. La nutrizione nella SLA main

Queste malattie inducono spesso problemi di nutrizione, legati da una parte al disagio psicologico che il paziente neurologico vive e dall’altra alla difficoltà concrete di alimentarsi correttamente (per esempio per l’insorgenza della disfagia).

In questo contesto si inserisce la sclerosi laterale amiotrofica (SLA), malattia che in Italia, come nel resto degli altri paesi industrializzati, colpisce oltre due persone ogni centomila abitanti/anno.

Come per tutte le misure palliative lo scopo dell’intervento nutrizionale è quello di migliorare la qualità della vita del paziente e dei suoi familiari.

Il paziente affetto da SLA è un soggetto molto difficile da gestire dal punto di vista nutrizionale: se da una parte va incontro a un calo progressivo della massa muscolare per diminuzione della motilità, dall’altra la sua attività renale richiede un più intenso fabbisogno basale. Il malato tende quindi a perdere peso, e quando questo supera il dieci per cento del peso corporeo abituale (o quando l’ingestione di cibo diventa pericolosa per il rigurgito nelle vie aeree), deve essere presa in considerazione la nutrizione enterale.

Un gruppo di ricercatori (Lesi e collaboratori) dell’Unità operativa di dietologia e nutrizione clinica dell’Ausl Bologna ha seguito 113 pazienti affetti da SLA. L’intervento nutrizionale è stato di tipo dietetico, modificando la densità calorica dei cibi, la consistenza, frazionando i pasti, aggiungendo supplementi nutrizionali e addensanti e, cosa molto importante, fornendo utili suggerimenti a coloro che si devono occupare dei pazienti. La qualità di vita di questi pazienti (e anche dei loro familiari) è migliorata, evitando l’insorgenza della malnutrizione.